Spesso, durante le manifestazioni, quando qualche passante si ferma al nostro accampamento e scopre che il nostro gruppo si chiama "Gli Armigeri del Branca", gli è quasi spontaneo collegare, per somiglianza di nome, Branca Brancaleoni al celebre Brancaleone da Norcia e trasformare gli armigeri nella scalcagnata armata del film di Mario Monicelli. Certo, all'inizio può essere fastidioso che, dinnanzi al nostro lavoro di ricostruzione fedele di una realtà storica del secondo XIV secolo, la prima cosa che viene in mente al passante sia L'armata Brancaleone, con la quale, ovviamente, in quanto rievocatori non abbiamo nulla a che fare. Eppure col tempo, forse anche per la nostra ammirazione per quel film, a tale fraintendimento ci siamo affezionati, tanto che può capitare che anche fra noi componenti del gruppo emergano battute o citazioni legate al Medioevo di Monicelli. Per questo riteniamo doverosa una riflessione sul film L'armata Brancaleone (1966) e sul suo seguito, Brancaleone alle Crociate (1970). Non fosse altro che per il grande impatto che esso ha avuto sull'immaginario comune riguardante il Medioevo.
Chiaro è che il film di Monicelli non è un film storico. Così come inutile (anzi, stupido) sarebbe cercare di mostrarne gli errori filologici e gli anacronismi, in quanto dietro a quest'opera cinematografica non vi era alcun intento filologico. Si pensi solo al vestiario, che certamente è evocativo di un passato medievale dai toni surrealisti, ma che sicuramente non ha nulla di storico. Lo stesso Monicelli disse: ⟪Fu difficile perché: come erano vestiti gli italiani dell'epoca, del 900 d. C.? Non si sa... con delle toghe come i latini? Alla fine Ghirardi, il costumista del film, si è inventato lui qualcosa.⟫ [M. Monicelli, A. Palazzino 2012] Eppure, se ci si sofferma a riflettere, forse le inesattezze e le grossolanità non mancano anche nel cinema "storico" attuale? Il quale, tuttavia, vuole presentarsi come serio, anzi serioso, senza avere l'ironia intellettuale di scherzare ed ammettere le inesattezze e grossolanità che esso stesso veicola (spesso, senza che nessuno si premuri troppo di smascherarle).
D'altra parte nemmeno il periodo storico d'ambientazione risulta ben preciso. Monicelli parlava vagamente dell'anno Mille, quindi grosso modo, essendo presente anche il fenomeno delle crociate, dovremmo ipotizzare l'XI secolo. Ma nemmeno questo importava. Così come l'epoca di riferimento è molto labile nelle chansons de geste e nei romanzi cavallereschi, parimenti lo è nel film di Monicelli. Ciò non è un caso, perché proprio la visione edulcorata ed abbellita del Medioevo cavalleresco dei poemi è il bersaglio de L'armata Brancaleone. Quel passato idealizzato, puntualmente ripreso dal romanticismo ottocentesco, da Walter Scott in poi, fatto di tornei, di dame innamorate e cavalieri ligi al loro codice d'onore era la pesante retorica con cui, troppo, spesso il Medioevo era ed è mascherato nel cinema e nella letteratura. Un Medioevo irrealistico e privo di storicità, per scardinare il quale Monicelli crea un altro Medioevo altrettanto irrealistico e privo di storicità, ma posto sul versante opposto, dunque fatto di cavalieri straccioni e di disperati in cerca di improbabili fortune in mondo diroccato e cencioso.
⟪La verità è che noi non volevamo far vedere l'Alto Medioevo che si raccontava a scuola, nei romanzi di Re Artù, della Tavola Rotonda... [...] Tutto questo non era vero: la verità è che il Medioevo era un'epoca selvaggia, ignorante e priva di cultura.⟫ [M. Monicelli, A. Palazzino 2012] Monicelli sicuramente estremizzava, perché lui stesso si rifece alla cultura che il Medioevo seppe creare, ad esempio quando diede vita allo pseudo-volgare utilizzato nei dialoghi del film, ispirandosi, fra gli altri, a Francesco d'Assisi e Jacopone da Todi. Eppure il concetto è chiaro: infrangere la visione di un Medioevo patinato e crearne una di un Medioevo più umano, nel bene e nel male, nel bello e nel brutto. D'altra parte al mondo selvaggio e cencioso de L'armata Brancaleone si adattano benissimo le parole dello storico John Larner, quando cerca di ricostruire l'aspetto della Romagna appenninica medievale: ⟪La vita in remote plaghe come queste sembra frenata dalla linea delle montagne tutto attorno. Qui vi era una società non dissimile da quella del Friuli del diciannovesimo secolo ritratta da Nievo nelle Confessioni di un italiano, con un signore illetterato, e un cappellano quasi-letterato, con il fango che ostruisce la corte del castello, i cani stesi sui giunchi del vestibolo, e un tetro comune rustico soggetto. L'organizzazione domestica di un grande signore sarebbe stata più complessa, ma la struttura fondamentale era la medesima.⟫ [J. Larner 2008, p. 134]
Si prenda ad esempio una scena celeberrima de L'armata Brancaleone, ovvero quella in cui Brancaleone da Norcia incontra il bizantino Teofilatto dei Leonzi e nessuno dei due vuole cedere il passo. Quello che si aspetterebbe il lettore di romanzi cavallereschi e di Ivanhoe sarebbe un duello d'onore fra due cavalieri. Invece quel che ne scaturisce è una rissa farsesca fra due individui dispersi nella Tuscia che tentano di colpire il nemico a tradimento, che si ruzzolano nella polvere e finiscono, come due poveri contadini, per mietere un campo di grano con le loro spade. Insomma, una decostruzione dello stereotipo del duello cavalleresco che ci fa ricordare, tramite l'ironia e l'esagerazione, come nella realtà storica, forse, i colpi alle spalle, i calci e i pugni dovessero essere più frequenti di quanto non si immagini comunemente. Come ricorda Franco Cardini, trattando proprio del periodo storico in cui potremmo collocare Brancaleone da Norcia: ⟪Lo scontro fra i grandi detentori di signorie bannali, ciascuno dotato di seguaci armati, diviene il dato caratteristico della vita del X-XI secolo, cioè del lungo periodo corrispondete alla cosiddetta "anarchia feudale". È questo il tempo nel quale gli armati sono anzitutto tyranni, praedones; e le loro violenze nei confronti degli indifesi e in genere di tutti quelli che la Chiesa definisce pauperes (i chierici stessi, le vedove, gli orfani, in genere gli incapaci di difendersi e gli sprovvisti di qualunque forma di tutela) sono sempre più spesso denunziate, specie nelle fonti vescovili.⟫ [J. Le Goff 2010, p. 86]
Insomma, concludendo, il film è una parodia di un Medioevo ideologizzato già nel Medioevo, è uno spunto che vuole innescare una riflessione su come percepiamo la storia, che forse saremo sempre destinati a distorcere dal nostro punto di vista di uomini della contemporaneità, che si trascinano dietro la loro cultura anche quando vogliono essere imparziali e che devono fare i conti (cosa spesso dimenticata) con pochissime fonti rispetto a quel che un'epoca passata ha effettivamente prodotto. Dunque, non ci dispiace se di tanto in tanto "Gli Armigeri del Branca" divengono L'armata Brancaleone, perché il film di Monicelli ci ammonisce a non prenderci troppo sul serio, a non creare uno stereotipo troppo serioso e poco umanamente credibile (e, dunque, astorico) della realtà che intendiamo rievocare.
Luca Onofri
Bibliografia di riferimento utilizzata (le note nel testo fra parentesi quadra riportano gli autori, l'anno di pubblicazione e la pagina):
- A. Casali, Brancaleone nel racconto di Monicelli, consultato il 16 Luglio 2023, <https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/brancaleone-nel-racconto-di-monicelli/>
- J. Larner, Signorie di Romagna, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2008
- J. Le Goff (a cura di), L'uomo medievale, Roma-Bari, Laterza, 2010
- M. Monicelli, A. Palazzino, Il Medioevo di Monicelli: una parodia molto vera, ⟪Babel⟫ [Online], n. 15 (2007), messo online il 2 Agosto 2012, consultato il 16 Luglio 2023, <https://journals.openedition.org/babel/720>