giovedì 6 luglio 2023

Il viaggio nel Medioevo

 Contrariamente ai luoghi comuni, il Medioevo non fu certo un momento di isolamento. Specialmente nei suoi secoli centrali e finali, vi erano svariate ragioni che potevano spingere il viaggiatore a mettersi in cammino. Innanzitutto la fede. Il pellegrinaggio, infatti, fu un fenomeno particolarmente importante per quest'epoca ed ebbe fra le principali mete il Santo Sepolcro di Gerusalemme, la tomba dell'apostolo Giacomo a Santiago de Compostela e quella di san Pietro a Roma. Oltre a tali mete ve n'erano altre più o meno famose, da Monte Sant'Angelo in Gargano e Loreto ai più piccoli luoghi di culto locali. Si può, infatti, distinguere i pellegrinaggi in due categorie: la Pilgerfahrt, ovvero il vero e proprio viaggio a carattere devozionale il luoghi molto lontani dalla propria dimora, e la Walfahrten, cioè brevi itinerari locali legati ad una dimensione collettiva e di festività.


Gerusalemme fu una meta di pellegrinaggio importante fin dalla Tarda Antichità e la sua importanza divenne tale da innescare il fenomeno delle crociate, che, almeno da un punto di vista ideologico, avevano proprio lo scopo di tutelare i pellegrini. In realtà Gerusalemme non fu solo un luogo di scontro fra eserciti di differenti religioni, ma anche un punto di incontro fra culture diverse che si influenzarono ed arricchirono reciprocamente.
Grande importanza acquisì il pellegrinaggio a Roma quando papa Bonifacio VIII, nel 1300, istituì il primo Giubileo, che comportava l'indulgenza plenaria per i pellegrini.
A viaggiare erano però anche le merci. In particolare, dal XIII secolo, quando i Mongoli ebbero unificato gran parte dell'Asia e parte dell'Europa sotto il loro dominio, vi furono diversi missionari e mercanti, in primis Marco Polo, che raggiunsero mete molto lontane dell'Oriente. Una situazione che avvantaggiò enormemente le città marinare, le quali di questi traffici commerciali erano i principali catalizzatori. Molte altre mete erano invece più vicine, come ad esempio le grandi fiere che si tenevano nelle Fiandre (Bruges, Ypres e Lilla) e nella Champagne.

Viandante a Montebotolino (Badia Tedalda, AR)

Le vie di comunicazione erano infine percorse anche da eserciti e, anzi, quasi sempre l'importanza devozionale, quella commerciale e quella bellica erano legate fra loro indissolubilmente. E il passaggio di eserciti, specialmente quelli mercenari del XIV secolo, era sinonimo di soprusi e razzie per le zone attraversate, come la valle del Lamone, i cui abitanti, nel 1358, ormai stanchi, insorsero e riuscirono a sconfiggere la Grande Compagnia di Corrado Lando (Konrad von Landau).
Un'esempio importante di via di comunicazione in Italia era la Via Romea Germanica, che univa l'area tedesca a Roma, attraversando le Alpi presso il Brennero e proseguendo fino in Romagna, dove superava gli Appennini al Passo di Serra. Di tale tragitto ha lasciato un'importante testimonianza Alberto di Stade, abate tedesco che compì il viaggio nella prima metà del XIII secolo e che lo descrisse negli Annales stadenses.


L'aumento di pellegrini nell'XI secolo fece sì che essi non potessero più trovare alloggio soltanto in luoghi appositi, ma gradualmente nacque una "commercializzazione dell'ospitalità" che garantiva ai viaggiatori un riparo, anche in case private, in cambio di danaro.
Le strade medievali non erano mai ben definite, ma erano costituite da fasci di percorsi che si univano di tanto in tanto nelle tappe fondamentali e fra le quali si sceglieva il percorso migliore in base alla situazione atmosferica e socio-politica del momento. Le strade erano inoltre arterie fondamentali per la vitalità del territorio, tanto che i feudatari miravano sempre ad ottenere il controllo di aree strategiche su di esse, come i passi montani. Per esempio, nel 1371, il cardinale Anglic de Grimoard, nella Descriptio Romandiole, ricorda che il castello di Corniolo (Santa Sofia, FC), sottoposto ai Guidi e posizionato in un'area di controllo sulla strada che univa Romagna e Toscana, ricavava 30 fiorini al mese per la Camera Apostolica grazie a tale posizione. E fu proprio questa "politica dei passi" operata dai signori appenninici che, nel Tardo Medioevo, fece scaturire l'intervento delle città più a valle, come Firenze, stanche di vedere i loro interessi commerciali subordinati alle tasse imposte da piccole famiglie di feudatari di montagna.

Il Convento di Montecasale, Sansepolcro (AR).

Nella Massa Trabaria, cuore dei domini dei Brancaleoni, una via importante era quella che transitava dal Passo delle Vacche (1149 m s.l.m.), che univa il versante adriatico e quello tirrenico collegando due importanti luoghi di culto come l'Abbazia di Lamoli e il Convento di Montecasale. Il nome stesso del passo rinvia all'antica pratica della transumanza, anch'essa motivo di lunghi spostamenti stagionali in luoghi lontani.

Luca Onofri

Bibliografia di riferimento utilizzata:

  • S. Cian, S. Cavagna, Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Dove gli alberi toccano il cielo, Firenze-Milano, Giunti - Parco Nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, 2007
  • E. Mattesini (a cura di), Vie di pellegrinaggio medievale attraverso l'alta valle del Tevere. Atti del convegno, Sansepolcro, 27-28 settembre 1996, Sansepolcro, Petruzzi, 1998
  • L. Onofri (a cura di), La spada, la croce, il giglio. L'Appennino romagnolo nel Medioevo e in Età Moderna, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2021
  • H. C. Peyer, Viaggiare nel Medioevo. Dall'ospitalità alla locanda, Roma-Bari, Laterza, 2009
  • H. Pirenne, Storia economica e sociale del Medioevo, Milano, Garzanti, 1972

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